L’ultima bugia del governo Conte

di Michele Facci
di Michele Facci

L’ultima bugia del governo Conte

Pensavamo di averle viste tutte, oramai. Ma ci eravamo illusi.

Il governo Conte, che a gran voce aveva garantito a tutte le attività economiche messe in ginocchio dall’emergenza Covid un importante contributo sotto forma di credito d’imposta, per tutte le spese sostenute per prevenire e gestire l’emergenza sanitaria, ha nuovamente smentito sè stesso.

Una fake news, si potrebbe dire. Se non fosse che parliamo di una norma di legge, bellamente disattesa, con un escamotage degno del peggior Azzeccagarbugli, proprio da chi aveva incentivato le imprese ad acquistare dispositivi di sanificazione e prevenzione del contagio, con la promessa di un pronto rimborso.

D’altronde, da chi per settimane (mesi ?) ha tenuto nascosta agli Italiani la gravità del contagio,  per poi “navigare a vista” e lasciare i territori in balia di sè stessi, non avremmo potuto aspettarci un comportamento differente.

Di cosa stiamo parlando ?

Parliamo del Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 128 del 19.5.2020, Serie generale, entrato in vigore il 19/05/2020, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, con il quale il Governo nazionale, tra le altre disposizioni,  ha previsto la concessione di un Credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione” (art. 125).

Nello specifico, “al fine di favorire l’adozione di misure dirette a  contenere  e contrastare la diffusione del virus Covid-19, ai  soggetti  esercenti attività d’impresa, arti e professioni, agli enti  non  commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti  religiosi  civilmente riconosciuti”, è stato previsto “un credito d’imposta in misura pari  al  60  per cento delle spese sostenute  nel  2020  per  la  sanificazione  degli ambienti e degli strumenti  utilizzati,  nonché  per  l’acquisto  di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi  atti  a garantire la  salute  dei  lavoratori  e  degli  utenti”.

Sempre l’articolo 125, al comma 1, stabiliva che detto credito d’imposta spettasse “fino ad  un  massimo  di  60.000  euro  per  ciascun beneficiario, nel limite complessivo  di  200  milioni  di  euro  per l’anno 2020”.

Il comma 2 del medesimo art. 125 specificava la tipologia delle spese ammissibili al credito d’imposta:

a) la  sanificazione  degli  ambienti  nei  quali  è   esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli  strumenti  utilizzati nell’ambito di tali attività;

b) l’acquisto di  dispositivi  di  protezione  individuale,  quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti  essenziali  di  sicurezza previsti dalla normativa europea;

c) l’acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti;

d) l’acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui alla lettera b), quali termometri, termoscanner, tappeti e  vaschette decontaminanti  e  igienizzanti,  che  siano  conformi  ai  requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione;

e) l’acquisto di  dispositivi  atti  a  garantire  la  distanza  di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli  protettivi,  ivi incluse le eventuali spese di installazione.

In sostanza il Governo, dopo avere imposto alle attività economiche la chiusura forzata per l’emergenza sanitaria, ha imposto protocolli di sicurezza e di prevenzione garantendo che le spese sostenute a tale scopo sarebbero state rimborsate al 60% della spesa sostenuta.

E tutti quanti a correre agli acquisti, necessari per potere di nuovo finalmente ripartire: gel e mascherine, vetri protettivi, detergenti vari, ecc. ecc., confidando in una normativa che aveva stabilito (ed assicurato) l’accredito del 60% della spesa fatta.

Ma ecco la sorpresa, che ha il sapore amaro della truffa, di quando ti rendi conto di essere stato raggirato, con l’aggravante che stavolta il responsabile è lo Stato: la percentuale di sgravio non corrisponde più al 60% ma – udite, udite – al 9,3854 % (!!!) del totale delle spese effettuate per l’attività di sanificazione e acquisto dei prodotti di protezione e prevenzione.

Questa misura ridicola, iniqua e vergognosa, è stata recentemente stabilita dall’Agenzia delle Entrate, che l’ha fissata nella misura del 15,6423% calcolato non sull’importo complessivo già speso, bensì sul 60% astrattamente ammissibile. Pertanto, su un’ipotetica spesa di € 10.000, le imprese interessate, anziché ricevere € 6.000 (pari al 60% dell’importo complessivo speso), si vedranno riconoscere la minor somma di € 938,54: il 9,3854 % del totale.

Una truffa in piena regola, insomma.

Anche la Regione Emilia-Romagna, seppure con modalità differenti, non si è certo contraddistinta in positivo.

Infatti, con deliberazione di Giunta n. 391 del 24/04/2020, ha approvato alcune misure di supporto alle imprese per l’acquisto di mezzi di sanificazione, seppure limitatamente alle strutture ricettive e termali ed agli ambienti in cui viene svolta l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

Tali misure economiche sono state stanziate dalla Regione sì a fondo perduto, ma da assegnarsi ed erogarsi tramite i Consorzi fidi (e già questa procedura, per i suoi costi e la sua oggettiva burocrazia, rappresenta un deterrente per la maggior parte delle attività economiche); inoltre, l’importo originariamente stanziato di € 3.000.000,00 (di cui: – € 2.000.000,00 da destinare ai contributi per le strutture ricettive alberghiere e all’aria aperta e alle strutture termali; – € 1.000.000,00 da destinare ai contributi per i pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande) è stato successivamente  ridotto a soli € 469.190,71 !!!

In definitiva: le nostre attività economiche, messe in ginocchio dall’epidemia e dalle conseguenti misure di prevenzione sanitaria, non hanno nemmeno ricevuto il sostegno promesso dalle Istituzioni.

Questi non solo sono incapaci, sono pericolosi. E pure in malafede.

 


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Michele Facci

Michele Facci

Bolognese di nascita e Porrettano di adozione, vivo e lavoro tra l’Appennino e la Città. Avvocato cassazionista. Consigliere dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna dal 2018. Attualmente componente delle Commissioni regionali II (Politiche economiche), III (Territorio, ambiente e mobilità) e IV (Politiche per la salute e politiche sociali), nonché membro del Comitato di sorveglianza sul Programma operativo regionale FSE 2014-20.

Michele Facci

Michele Facci

Bolognese di nascita e Porrettano di "adozione", vivo e lavoro tra l’Appennino e la Città. Avvocato cassazionista. Consigliere dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna dal 2018. Attualmente componente delle Commissioni regionali II (Politiche economiche), III (Territorio, ambiente e mobilità) e IV (Politiche per la salute e politiche sociali), nonché membro del Comitato di sorveglianza sul Programma operativo regionale FSE 2014-20.

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